Prefazione
Piccola dimostrazione matematica: in serie A ci
sono 18 squadre con 25 giocatori per un totale di 450 atleti. Di veline, ne vengono fuori due all’anno. E quelle che
hanno avuto una storia con un calciatore si contano sulle dita di due mani. Dunque, esistono almeno 400 campioni del pallone
che non hanno mai avuto una relazione con le stelline di Striscia. Senza considerare i ragazzi della serie B. Ce n’è
abbastanza per dimostrare che l’accoppiata velinacalciatore è un fenomeno "di carta", gonfiato soprattutto dai giornali
di gossip, forse perché aumenta le tirature. Per quanto mi riguarda, se una ragazza ambisce a sposarmi, deve sgombrarsi la
mente da questo luogo comune. Con tutti i suoi annessi e connessi: culto della celebrità, vacanze in Costa Smeralda, privé
in discoteca, auto di grossa cilindrata e vestiti all’ultimo grido. Anzi, proprio l’imitazione in massa dello
stereotipo "velina-calciatore" è l’espressione di quello che mi sembra il difetto più grande della nostra generazione
e dei rapporti affettivi: la riproduzione passiva di uno stile di vita deciso da altri, per la paura di mostrarsi come si
è veramente, senza vergogne, rischiando in prima persona. Per questo timore, motivato anche dalla paura di prendere bastonate,
la maggior parte della gente soffoca e reprime il proprio io, vivendo una vita che non le appartiene. Come se in campo un
calciatore giocasse coi piedi di un altro. Nessuno mette più l’anima “a nudo”, insomma. Tutti si illudono
di stare tranquilli, essendo uguali, omologati. Così, anche chi non è superficiale, lo sembra. Magari lo diventa pure.
Ma io non ci sto. Ho sempre vissuto con la massima di William Blake scoperta attraverso il mio idolo (comportamentale, più
che musicale), Jim Morrison: “Solo spalancando le porte della percezione scopri com’è il mondo: infinito”.
Figuriamoci poi se si parla d’amore, quando devi tirar fuori tutto te stesso. Ogni storia deve essere un crescendo
di scoperte. Cosa che ormai avviene dopo le nozze. Tanto che, trascorsi un paio d’anni di matrimonio, quando gli sposi
scoprono ciò che sono veramente, sempre più spesso scatta il divorzio. No, grazie! Voglio assumermi tutte le responsabilità
e sapere prima. Non a caso – prendete nota – quando c’è una ragazza che mi sta scombussolando l’esistenza,
la presento subito ai miei. Secondo l’etichetta, questo passo dovrebbe essere l’ufficializzazione finale: la ciliegina
sulla torta. Ma per me è un preliminare. Nessuno mi conosce più di mia madre e di mia sorella. Il loro parere totalmente
disinteressato, di sangue e di cuore, è fondamentale per capire meglio la persona che mi è vicina. Mi rendo conto che questo
quadretto famigliare non combaci affatto, anzi, sia quasi agli antipodi dell’immagine di Coco sulle copertine dei rotocalchi,
sempre a fianco di belle ragazze. Ma il vero Francesco non è questo. Non lo nego: vivo il sesso con naturalezza e spontaneità.
Ma soprattutto come scoperta continua. Non mi limito al kamasutra. Sono pronto a fare qualsiasi cosa. Anche perché ci sono
infinite “posizioni” mentali... Il che spiega come mai si consumi "lo stesso atto fisico" con personalità differenti.
Con ciò, se avessi avuto tutte le donne che hanno raccontato e che pensa la gente... Nella mia vita ci sono state solo
tre fidanzate: la mia prima e storica che non aveva nulla a che fare con il mondo dello spettacolo e con la quale ho convissuto
per un anno; Manuela, e Francesca, con la quale stava cominciando a nascere una storia. Prima o poi mi sposerò, certo.
Voglio avere e costruire una famiglia che è il tuo vero mondo, il cerchio di intimità nel quale ti chiudi, a maggior ragione,
quando il lavoro ti espone a folle da stadio. Penso che questa "partita affettiva" sia la pagina fondamentale della vita,
come lo è il nucleo originario nel quale sei nato, finché non metti su la tua casa. Mia moglie? Dovrà essere compatibile
ma al tempo stesso diversa da me. Se no, sai che noia? Non occorre che faccia il tifo per la mia squadra e non basta che cucini
ottimi manicaretti a lume di candela. M’importa, semmai, che sostenga le sue idee e il nostro progetto di vita, mettendoci
sempre la testa. Non potrei sopportare una burattina che si muove come il mondo idealizza la moglie di un calciatore. I
figli, invece, mi incutono ancora un po’ di soggezione. Quando è nato mio nipote – che adoro – mi sono reso
conto che l’arrivo di un bimbo mi annullerebbe. Pensate che mi sono tatuato sul braccio il suo nome perché lui è una
parte inseparabile da me: un arto che mi segue dappertutto, condividendo ogni azione che compio. Immaginatevi se dovessi diventare
papà. Trasferirei tutto quello che ho e che sono a mio figlio. Questo – a mio avviso – è il senso della paternità:
tu ti dai a lui, e non solo col tuo sangue, per mettere alla luce del mondo – in tutti sensi – un’altra
vita. Come dire che dovrei ripartire da zero: fare i primi passi, imparare a parlare... E forse non sono ancora pronto a questo
annullamento. Stupite? Sorprese dall’identikit di un calciatore che stravolge l’intero profilo della categoria,
destabilizzando le vostre convinzioni sui matrimoni "in campo"? Chissà... Forse sono l’eccezione che conferma la regola.
O la regola che smentisce i luoghi comuni di cui sopra. A voi il giudizio. In dodici anni di gioco ho conosciuto più di 200
giocatori, ma non ho raggiunto un grado di confidenza tale da potermi esprimere anche per loro. E poi, lo avrete capito:
io sono contrario alle generalizzazioni. Tifo sempre perché vinca l’individuo con le sue particolarità. A prescindere
dal fatto che sia il migliore. Se no, dovremmo restare quasi tutti in panchina, nella partita di una vita non giocata.
Francesco Coco |